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Le mie ricerche di Filosofia della Musica hanno preso avvio in forma sistematica alla fine degli anni novanta, con una serie di studi legati alle morfologie dello spazio musicale.  Il contesto era favorevole: da alcuni anni si era attivato, presso l’Università degli Studi di Milano, un Seminario Permanente di Filosofia della Musica, che ospitava al suo interno un ricco ventaglio di temi di ricerca, secondo le forme di una libera discussione, abbastanza spregiudicata, che toccava temi come la semiotica della musica, l’etnomusicologia, la riflessione filosofica da parte dei teorici della musica novecentesca, le riflessioni di filosofi, con puntate anche verso il campo della speculazione indiana, il campo dell’improvvisazione, il mondo delle grammatiche compositive, le strutture di senso della percezione musicale, il rapporto musica - natura. Dalla ricchezza di questi temi nascevano discussioni lunghissime, che impegnavano i relatori in situazioni dialogiche divertenti e imprevedibili, spesso affrontate con una profondità che sorprendeva spesso  per l’esuberanza dei precipitati filosofici messi in gioco da  quelle discussioni. Da questa situazione ribollente è nato De Musica, che da questa benefica caoticità isolava temi e contributi, e li rendeva fruibili ad un pubblico molto più vasto.

Le mie attuali ricerche risuonano ancora dei colori di quel dibattito: in questi anni mi sono occupato di temi fenomenologici legati alla dimensione simbolica messa in gioco dalle componenti timbriche del suono, che trovano in Mahler un significativo punto di svolta, ma seguo con attenzione la ricchissima articolazione di ricerche messe in gioco dalla riflessione ontologica sul suono, dal dibattito sulla improvvisazione, e dalla continua rivisitazione del rapporto suono – rumore, che mettono in gioco le attuali pratiche di lavoro sulla scomposizione acustica ed elettronica del suono.